Esplora il significato del termine: Scienziati del Mit di Boston hanno realizzato un software che rende più facile inserire sequenze di Dna nelle cellule per dotarle di nuove funzioni, per ora limitate alla reazione a stimoli sempliciScienziati del Mit di Boston hanno realizzato un software che rende più facile inserire sequenze di Dna nelle cellule per dotarle di nuove funzioni, per ora limitate alla reazione a stimoli semplici
Potrebbe diventare molto più semplice riprogrammare cellule (per esempio di un batterio) per far loro svolgere determinati compiti . Un progresso importante in questa direzione l’hanno messo a segno scienziati dell’Mit di Boston, guidati da Alec Nielsen, che hanno realizzato un vero e proprio “software” a questo scopo, pubblicando il loro studio sulla rivista Science. Che cosa hanno fatto in concreto? Hanno inserito in un batterio (E.Coli) sequenze di Dna che lo rendono capace di “reagire” in base a precisi stimoli esterni (che potrebbero consistere nella luce, nella concentrazione di qualche sostanza, o altro). Fin qui niente di inedito. La novità è che i ricercatori americani hanno messo a punto un vero e proprio linguaggio di programmazione per realizzare queste sequenze. «Non si tratta di un progresso spettacolare dal punto di vista della scienza pura, ma piuttosto da quello bioingegneristico» spiega Andrea Califano, Chairman del dipartimento di System Biology della Columbia University di New York. «L’obiettivo che è stato raggiunto è quello di poter scrivere sul proprio computer, con un linguaggio di programmazione, il Verilog, che all’interno di un “ambiente informatico” chiamato Cello, un programma che viene poi trasformato in una sequenza di basi di Dna, che viene mandata in laboratorio, dove viene concretamente sintetizzata, per essere poi inserita nella cellula. È un po’ come passare dal transistor, al circuito integrato. Infatti con questo sistema si possono mettere insieme sequenze di Dna diverse, già validate individualmente».
Cellule killer
Si è parlato di cellule che potrebbero essere modificate per uccidere quelle dei tumori.È possibile? «Uno dei più probabili usi di questo sistema è quello di trasformare le cellule in biosensori» continua Califano, «quindi istruirle in modo da capire se ci sono segnali della presenza di cellule cancerose e rilasciare, per esempio, un virus che le uccida».
Biologia sintetica
«Siamo davanti a un passo avanti in una delle strade della biologia sintetica, quella che si prefigge di disegnare circuiti biologici»,
spiega Carlo Alberto Redi, direttore del laboratorio di biologia dello sviluppo dell’università di Pavia. «Altri filoni, come quello seguito da Craig Venter, mirano, per esempio, alla realizzazione di genomi minimi, al momento con maggiori risvolti pratici. In ogni caso è un esempio notevole di tecnologie convergenti, perché mutua metodi dell’ingegneria elettronica e li applica alla biologia sintetica». «Anch’io credo» conclude Redi, « che lo scopo principale degli scienziati americani sia quello di disegnare biosensori. E questo metodo potrebbe accorciare molto in futuro i tempi per realizzare progressi in questo settore».
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Potrebbe diventare molto più semplice riprogrammare cellule (per esempio di un batterio) per far loro svolgere determinati compiti . Un progresso importante in questa direzione l’hanno messo a segno scienziati dell’Mit di Boston, guidati da Alec Nielsen, che hanno realizzato un vero e proprio “software” a questo scopo, pubblicando il loro studio sulla rivista Science. Che cosa hanno fatto in concreto? Hanno inserito in un batterio (E.Coli) sequenze di Dna che lo rendono capace di “reagire” in base a precisi stimoli esterni (che potrebbero consistere nella luce, nella concentrazione di qualche sostanza, o altro). Fin qui niente di inedito. La novità è che i ricercatori americani hanno messo a punto un vero e proprio linguaggio di programmazione per realizzare queste sequenze. «Non si tratta di un progresso spettacolare dal punto di vista della scienza pura, ma piuttosto da quello bioingegneristico» spiega Andrea Califano, Chairman del dipartimento di System Biology della Columbia University di New York. «L’obiettivo che è stato raggiunto è quello di poter scrivere sul proprio computer, con un linguaggio di programmazione, il Verilog, che all’interno di un “ambiente informatico” chiamato Cello, un programma che viene poi trasformato in una sequenza di basi di Dna, che viene mandata in laboratorio, dove viene concretamente sintetizzata, per essere poi inserita nella cellula. È un po’ come passare dal transistor, al circuito integrato. Infatti con questo sistema si possono mettere insieme sequenze di Dna diverse, già validate individualmente».
Cellule killer
Si è parlato di cellule che potrebbero essere modificate per uccidere quelle dei tumori.È possibile? «Uno dei più probabili usi di questo sistema è quello di trasformare le cellule in biosensori» continua Califano, «quindi istruirle in modo da capire se ci sono segnali della presenza di cellule cancerose e rilasciare, per esempio, un virus che le uccida».
Biologia sintetica
«Siamo davanti a un passo avanti in una delle strade della biologia sintetica, quella che si prefigge di disegnare circuiti biologici»,
spiega Carlo Alberto Redi, direttore del laboratorio di biologia dello sviluppo dell’università di Pavia. «Altri filoni, come quello seguito da Craig Venter, mirano, per esempio, alla realizzazione di genomi minimi, al momento con maggiori risvolti pratici. In ogni caso è un esempio notevole di tecnologie convergenti, perché mutua metodi dell’ingegneria elettronica e li applica alla biologia sintetica». «Anch’io credo» conclude Redi, « che lo scopo principale degli scienziati americani sia quello di disegnare biosensori. E questo metodo potrebbe accorciare molto in futuro i tempi per realizzare progressi in questo settore».
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